“Dans mon souvenir, l’école primaire que je fréquentais était très grande”
We tend to live small, intense and temporary manifestations of community when we experience grief. We hug each other with compassion. No tragic place should need elements (objects, photographs, art pieces) to be linked to its memory. The place should suffice, with its tragedy stuck on itself. Silence should be enough. Instead, we feel the need (or maybe the desire) for something to point at us and call us guilty, something that can expose us and close us in a heart-felt condolence.
The tragedy that we perceive as ours, repeats itself in other shapes, even today, but just a little bit farther from us. This one does not belong to us as much; it is closer because it is happening now, but at the same time, it is farther away because it is happening on the other side of the world. In order to make a work of art “useful”, it has to penetrate us, it must walk with us, it must help us reflect with any possible means, whether with a gunshot or a caress. It has to yell at us “leave and create our own thought”, maybe using the work itself as the starting point.
SOUVENIR is a fetish writing, just like the objects that often remind us of fetish and temporary memory, whether tragic or joyful.
A monument dedicated to memory, but, more importantly, a monument to the present. Dedicated to the deceased and to the living.
Writing composed by eight box-shielded letters with metal support structure. Roof anchoring.
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“Dans mon souvenir, l’école primaire que je fréquentais était très grande”
Siamo portati a vivere piccole, intense e temporanee manifestazioni di aggregazione nel dolore, stringendoci l’un l’altro in un abbraccio di compassione.
Nessun luogo tragico dovrebbe aver bisogno di elementi (oggetti, foto, opere d’arte) che lo colleghino alla sua memoria. Basterebbe il luogo stesso, con tutta la sua tragedia appiccicata addosso. Basterebbe il silenzio. L’uomo sente, invece, il bisogno (forse il desiderio) che qualcosa lo indichi, lo renda colpevole, lo smascheri, che lo chiuda in una “sentita” condoglianza.
Quella tragedia che sentiamo nostra è una tragedia che si ripete in altre forme, anche oggi, ma solo un po’ più in là, lontana da noi. Questa ci appartiene meno; è più vicina perché contemporanea, ma, allo stesso modo, molto più lontana, perché dall’altra parte del mondo. Per rendere davvero “utile” un’opera d’arte, forse c’è bisogno che ci penetri, che ci accompagni, che ci faccia riflettere, con uno sparo o con una carezza, non è importante. C’è bisogno che ci urli di andarcene, di creare un nostro pensiero, magari partendo proprio da lì.
SOUVENIR è una scritta feticcio, come sono feticci gli oggetti che spesso ci ricollegano ad una memoria anch’essa feticcio e temporanea (tragica o gioiosa, non importa). Un monumento alla memoria, ma, più importante, un monumento al presente. Dedicato ai morti e dedicato ai vivi.
Scritta realizzata con otto lettere scatolate con struttura metallica di sostegno.