I saw for the first time the Vajont Dam this summer. The visual impact was very strong, even if I know the story and I have seen several pictures. In particular, the suggestion I was coming up has been the struggle between the human desire to contain, stop, stiffen and the dynamic force of nature that can not be dominated.
This feeling is even more intense walking along the top of the dam, listening to those who, with yearning passion, told in detail all the events and observing the landscape on either side of the immense barrier.
And the focus always comes back to the water, which fills the memory in each step of the story. In particular, this part of the testimony struck my imagination: after the landslide that lifted the huge wave of water and mud, the atmosphere was pervaded by a blanket of fog, like an infinite cloud that covered the landscape.
From this premise comes the idea of identifying the “Line” not with a rigid mark, but with something that is able to break the perception of blocking given by concrete wall.
I figured the water would be the main character, in its most mild and volatile form, I imagined that the water line had to be transformed (as always happens in nature) in water vapor, in a cloud.
And as often happens in the mountains, when the clouds are “attached” to a slope, here too should feel a constant cloud, which is cut into two parts the wall of the dam.
I imagine that behind the nebula may be positioned a line of light, able to give a particular luminescence to the vaporized water.
The idea of working on the passage of state of water is also linked to the image of the bodies, in a vision where the body wiped remains present in a different form, which is also that of the constant memory.
As for the construction, I am aware that the project is complex, but not impossible. I documented with some engineers and the whole team should be evaluated in place. For this reason I decided to participate in the announcement section dedicated to the projects “visionary.”
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Ho visto per la prima volta dal vero la Diga del Vajont quest’estate (2014). Pur conoscendone la storia ed avendo visto diverse immagini fotografiche, l’impatto visivo è stato molto forte ed in particolare la suggestione che mi è sopraggiunta è stata quella della lotta: tra il desiderio umano di contenere, fermare, irrigidire e la forza dinamica della natura che non si lascia dominare.
Questa sensazione diviene ancora più intensa camminando lungo il coronamento della diga, ascoltando chi, con passione struggente, ha raccontato nei dettagli tutti gli accadimenti ed osservando il paesaggio dall’uno e dall’altro lato dell’immenso sbarramento.
E l’attenzione ritorna costantemente all’elemento acqua, che pervade la memoria in ogni passaggio della storia. In particolare una parte della testimonianza ha colpito il mio immaginario, quando è stato detto che in seguito alla frana, che ha innalzato l’immensa onda d’acqua e fango, l’atmosfera era pervasa da una coltre di nebbia, come una nube infinita che ricopriva tutto il paesaggio.
Da questa premessa giunge l’idea di individuare la “Linea” non con un segno rigido, ma con qualcosa che sia in grado di rompere la percezione di blocco data dal muro di cemento.
Ho immaginato che proprio l’acqua dovesse essere la protagonista, ma nella sua forma più lieve e volatile, ho immaginato che la linea del livello dell’acqua dovesse trasformarsi (come in fondo accade sempre in natura) in vapore acqueo, in nube.
E come accade spesso in montagna, quando le nuvole restano “attaccate” ad un pendio, anche qui si dovrebbe percepire una nube costante che va a tagliare in due parti il muro di contenimento della diga.
Immagino che dietro la nebulosa possa essere posizionata una linea di luce, in grado di dare una particolare luminescenza all’acqua vaporizzata.
L’idea di lavorare sul passaggio di stato dell’acqua è legata anche all’immagine dei corpi, in una visione dove il corpo spazzato via resta presente in una diversa forma, che è anche quella della memoria costante.
Per quanto riguarda la realizzazione, sono consapevole che il progetto è complesso, ma non irrealizzabile. Mi sono documentata con alcuni ingegneri e il tutto andrebbe valutato in equipe sul posto. Per questo motivo ho pensato di partecipare alla sezione del bando dedicata ai progetti “visionari”.